Intervista a Domenico Naso

Ebbene sì. Non ci avrei mai creduto. Mai avrei pensato di poter intervistare un giornalista.
Domenico Naso scrive per" Il fatto quotidiano" e si occupa di televisione, spettacolo e pop culture.
Qualche giorno fa ho avuto la brillante idea di scrivergli per condurre un'intervista e ben presto mi ha risposto che avrebbe accettato.
Ho scelto qualche domanda da fargli anche con l'aiuto di Alice Carrozzo e Simone Emili e ho inviato l'intervista.

                                                7 domande a Domenico Naso

    1)     Da cosa è stato spinto a diventare un giornalista? Quali consigli darebbe ad un giovane del Liceo Pieralli che coltiva il sogno di fare la sua professione?

Ho capito di voler diventare giornalista a 10 anni e da allora non ho mai avuto un piano B. Mi è sempre piaciuto scrivere ma soprattutto osservare e raccontare il mondo che mi circonda e non ho mai sognato di fare altro nella vita. Ma un giornalista deve essere spinto soprattutto dalla curiosità. Cosa consiglierei? Se fossi una persona saggia e razionale “sconsiglierei”. È un momentaccio per il settore e le cose in futuro rischiano di andare addirittura peggio. Ma non sono saggio, dunque non posso fare altro che invitare chi ci crede davvero a lottare fino all'ultimo per realizzare il proprio sogno. Diventare giornalista non è semplice, ma se ce la fai è un mestiere bellissimo. Leggere, informarsi, conoscere come va il mondo, spaziare da argomenti seri ad altri più “leggeri”: direi di cominciare da questo.

    2)    Cosa ne pensa della tanta disinformazione che circola, messa in giro soprattutto dal web? E quanto può diventare pericolosa?

La Rete ha di fatto rivoluzionato il giornalismo. Il mestiere del giornalista come lo conoscevamo fino a pochi anni fa è morto per sempre. Prima ce ne renderemo conto, meno saranno i danni che subirà il settore. Sul web è tutto immediato, senza filtri né mediazioni. E se da un lato è un'occasione unica per farsi da soli il proprio giornale, dall'altro è un percorso a ostacoli pieno di trappole e tranelli. Un tempo, per dare veridicità a una notizia, si diceva che “l'ha detto la televisione”. Adesso stiamo rischiando di fare la stessa cosa con il Web. Non basta un link, un blog, un post sui social per dare una notizia. Leggere tutto va bene, ma non dimentichiamo che esistono fonti più attendibili e altre decisamente meno. Mischiare tutto, senza distinzione alcuna, non fa bene al giornalismo e soprattutto non fa bene a chi vuole informarsi su Internet. I siti internet, anche quelli più prestigiosi, sono sempre più alla ricerca di fare cassa, di incamerare una quantità enorme di click, e troppo spesso non si preoccupano dei metodi che usano per raggiungere lo scopo. Noi lettori dobbiamo essere sempre vigili, attenti, scrupolosi; dobbiamo confrontare la stessa notizia su più testate, verificare le fonti, utilizzare anche i social per capire come sono andate davvero le cose. In un momento di irresponsabilità del nuovo giornalismo online, tocca ai lettori non cadere nei tranelli.

   3)    Quand'è che una non notizia diventa una notizia?

Quando se ne parla, quando diventa virale, quando circola in Rete. E poco importa se è vera o no, se è rilevante o meno. Ecco il rischio di cui parlavo prima: basta lanciare un sasso nello stagno e assistere ai cerchi che si formano e si diffondono. Io, che mi occupo di televisione e spettacolo, per esempio mi sono accorto che due personaggi vengono ormai utilizzati per fare cassa: Fedez e Belen Rodriguez. Non c'è una notizia? Pazienza: si va sul profilo Instagram di Belen o su quello Facebook di Fedez e si scrivono quattro righe in croce sul loro ultimo post. Poi si condivide sui social (ovviamente con un titolo furbo e che magari non c'entra nulla con il contenuto) e il successo è garantito.

4) Ritiene sia possibile che internet possa arrivare a sostituirsi ai giornali cartacei? 

Per un certo verso lo ha già fatto. Chi ha bisogno di aspettare il quotidiano del mattino per conoscere notizie che ha già letto quasi 24 ore prima online? I giornali cartacei possono sopravvivere solo se capiscono che la loro missione è cambiata. Rimangono fondamentali, per esempio, per le inchieste e i reportage (sul web i pezzi lunghi e articolati non funzionano, purtroppo) e anche per le opinioni e gli editoriali.

5) Negli ultimi anni si sono affermati in particolar modo i Blog. Può un Blogger esser chiamato giornalista? 

Tecnicamente no. Perché in Italia un giornalista, per essere definito tale, deve essere iscritto all'Ordine. Giusto o sbagliato? Possiamo discuterne fino alla noia e magari alla fine scopriremo che l'Ordine dei Giornalisti è un retaggio arcaico di un corporativismo che non serve più. Conosco blogger bravissimi che si occupano di tv e spettacolo e fanno il loro mestiere meglio di molti colleghi anche prestigiosi. Ma questo non significa che si possa mischiare tutto insieme senza distinguere. Anche perché i blog (a parte i più grandi e importanti) hanno un controllo editoriale praticamente nullo e non si sa mai se quello che leggi è vero o no.

6) Come giudica la Rai sopratutto dopo le nuove nomine di Renzi e quali cambiamenti dovrebbero essere fatti per migliorarla e farla diventare realmente un servizio pubblico?

Da quando è stato nominato Antonio Campo Dall'Orto, ho cominciato a coltivare una flebile speranza di vedere una Rai più moderna e competitiva. Per adesso si è visto poco, ma continuo ad avere fiducia. Campo Dall'Orto è uomo di televisione e soprattutto conosce benissimo le nuove generazioni. Il successo della sua “mission impossible”, però, è solo parzialmente nelle sue mani. La Rai è ancora immersa fino al collo in dinamiche politiche nulla hanno a che fare con la televisione e che, anzi, penalizzano la tv pubblica nel confronto quotidiano con i competitor privati. Per migliorare la Rai serve innanzitutto accompagnare alla porta la politica. Ma questa rivoluzione copernicana non sembra all'orizzonte, purtroppo.

7) A suo parere, quale intellettuale o artista meriterebbe di essere approfondito maggiormente nelle scuole? 

Non ho il minimo dubbio: Pier Paolo Pasolini. Nessuno meglio di lui, dal Dopoguerra a oggi, ha raccontato il nostro paese con tutte le sue insopportabili brutture. È stato un profeta, un osservatore disincantato, ma non per questo arido, della realtà italiana. Sono pochissime le classi che riescono a studiare Pasolini come si deve ed è davvero un peccato. Secondo il mio modestissimo parere, i giovani di oggi hanno da imparare più da Pasolini che da Pietro Bembo o da qualche altro scrittore di quattro o cinque secoli fa.                              

                                                                                                 (Domenico Naso)

Un grazie di cuore per la disponibilità e l'impegno che Domenico Naso ha messo per poter realizzare un'intervista che vada a chiunque, in particolare agli studenti del Liceo delle Scienze Umane A.Pieralli!


                                                                                                   Emanuele Liberti





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