Buona Scuola? MAGARI!

Tempo di riforme per la scuola italiana. Pubblicato per la prima volta sul sito del Miur il 3 settembre 2014, il piano denominato La Buona Scuola, ora tradotto in Ddl, approda finalmente in parlamento e in direttissima su tutte le prime pagine dei quotidiani nazionali.
Quasi un'edizione straordinaria, oserei dire. Anzi, va ben oltre lo straordinario l'attenzione che il governo Renzi ha finalmente concesso alla “questione scolastica”.


Dopo una prima campanella suonata nel luglio scorso, che annunciava la riqualificazione dell'intero sistema, il 15 settembre, insieme alla fiumana di studenti riversatasi sui banchi di scuola, è cominciato un bimestre di consultazioni online, un filo diretto tra cittadini, Miur e Presidente del consiglio per permettere ad insegnanti, studenti e genitori di dire la loro sulla proposta di riforma in via di definizione. Il termine della consultazione pubblica, previsto per il 15 novembre, ha segnato invece un altro periodo di lungo silenzio.

E' il 13 marzo quando il “Preside del Consiglio” (così intitola “il Manifesto”), svettando in foto sulle prime pagine di tutti i giornali, annuncia la “rivoluzionaria riforma” della scuola italiana.
Nel frattempo però, a cadere sono state le scuole stesse. Solo nel mese di aprile, almeno tre edifici sono in parte ceduti e sei sono state chiusi per timore di crolli a Sanremo. Il caso che ha suscitato maggiore scalpore è stato quello di una scuola elementare a Ostuni inaugurata circa quattro mesi prima il cui soffitto è crollato sugli studenti.

Intanto Renzi, sottoposto a diverse pressioni (dissenso interno al Pd, alleati, forze politiche di opposizione, sindacati) e privo delle risorse necessarie, è stato costretto ridimensionarsi e a rallentare la sua corsa all'ultima riforma. Insomma i proclami di settembre sembrano un lontano ricordo.
Al piano di messa in sicurezza delle strutture tramite investimenti sull'edilizia scolastica, il governo risponde, così, con tagli pari a 489 milioni di euro secondo quando previsto dal Def 2015; al “Basta precari, stop alla supplentite” grazie ad una manovra di assunzione di 100.701 professori, il governo risponde con la necessità di rifare contratti a tempo determinato a tutti quei supplenti annuali che, ormai da anni, colmano il vuoto di alcune classi di concorso nelle Gae (Graduatorie ad esaurimento).
“Passo indietro dunque”- scrive Claudia Voltattorni su Il Corriere della Sera - “sull'articolo 1.2 della Buona Scuola che vietava contratti a tempo determinato di durata complessiva superiore ai 36 mesi”; al preside manager dotato di superpoteri così come lo avrebbe voluto il premier, oggi il suo stesso governo risponde con una riqualificazione dei poteri degli organi collegiali.

Dove non si torna indietro, invece, è nel fare l'ennesima concessione alle scuole private: all'articolo 33 comma 3 della costituzione italiana che recita “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, SENZA oneri per lo Stato”, il governo risponde con sgravi fiscali ai genitori intenzionati ad iscrivere i propri figli presso scuole paritarie”.

Un'ottima alternativa alla “Buona Scuola”, si rivela essere la “Legge di Iniziativa Popolare per una buona scuola per la Repubblica”, depositata alla Camera per la prima volta nel 2006; lontana dai tecnicismi, sigle ed inglesismi renziani, la Lip risulta comprensibile, trasparente e accessibile a tutti i cittadini interessati.
Asserire che la scuola italiana non necessiti di un cambiamento strutturale, risulterebbe azzardato e inverosimile. Tale cambiamento però, deve partire dal suo interno, organizzato con cognizione di causa ascoltando le parti interessate che fanno e vivono la scuola ogni giorno e non in maniera sommaria, pressappochista con l'unico obiettivo di screditare e indebolire la scuola libera e pubblica.

“Nonostante i loro difetti”- scrive Lizanne Foster, insegnante, su Internazionale del 17 Aprile- “le scuole pubbliche sono ancora molto importanti. Non sono solo le istituzioni che rilasciano un titolo di studio ufficialmente riconosciuto, sono anche spazi sicuri per quegli studenti che a casa hanno una vita difficile, sono oasi nei quartieri più pericolosi, sono i posti in cui molti studenti fanno il loro unico pasto quotidiano e in cui possono parlare con un adulto delle loro paure e preoccupazioni. Le scuole pubbliche sono tra i pochi luoghi pubblici rimasti che funzionano come comunità, sono spazi per le persone e non per il profitto. […] E' ancora la grande livellatrice, il luogo dove ragazzi che provengono da classi sociali diverse possono incontrarsi su un terreno comune”.


per ulteriori info su la Buona Scuola labuonascuola.gov.it/
per ulteriori info su la Lip lipscuola.it/

qui sotto, Maurizio Crozza ne "Il Renzi Show-la Buona Scuola"






Martina Bracciaventi

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